Una lunga tradizione di innovazione
La collaborazione con alcuni fra i migliori nomi dell’architettura del panorama internazionale è uno dei pilastri Salvatori. Nel 2010, in occasione del Salone del Mobile di Milano, abbiamo realizzato con John Pawson la “House of Stone”, un’iconica installazione contraddistinta dallo stile minimalisti dell’architetto realizzata completamente in Lithoverde, la prima finitura al mondo ottenuta al 99% da scarti di lavorazione tenuti insieme da un collante di derivazione naturale. Nel tempo abbiamo avuto l’opportunità di attrarre alcune fra le menti più innovative e fervide del settore nel nostro atelier Toscano per permettere a progettisti come Kengo Kuma, Piero Lissoni o Vincent Van Duysen di sviluppare le proprie opere in pietra naturale.
“Permettiamo agli architetti e ai progettisti di lavorare con la massima libertà con il marmo.” spiega Gabriele Salvatori, CEO dell’azienda di famiglia, illustrando il potenziale tecnico della compagnia “Siamo fra le poche realtà con la capacità tecnica e manifatturiera di assecondare le loro idee e realizzare i loro progetti, anche i più creativi”.
Nel 2019, l’architetto David Adjaye ha scelto Salvatori per collaborare alla realizzazione del progetto 130 William Street a Manhattan: “Il primo grattacielo di Adjaye ed uno dei più importanti progetti per la nostra azienda. Questa partnership ha permesso al team di ricerca di Salvatori di affinare e mettere alla prova la propria naturale propensione all’innovazione, collaborando instancabilmente con il team di Adjaye per la buona riuscita del progetto.”
Marc McQuade, principal dello studio Adjaye, ha descritto la collaborazione con Salvatori come una sinergia fra le tecniche legate alla tradizione artigiana e quelle della moderna innovazione tecnologica. “Gabriele e la sua azienda combinano in modo ottimale tradizione classica – con loro collaborano infatti maestri artigiani, scultori e persone che sono in azienda per la terza generazione – e approccio innovativo. Il livello di dettaglio che Salvatori è capace di raggiungere la contraddistingue dai competitor, sono veramente unici in questo. È su questo livello che abbiamo collaborato per dare vita ad un’opera assolutamente raffinata ed elegante”.
“Quando ho visto per la prima volta il rendering dell’edificio, ho pensato che avrebbe modificato per sempre il panorama architettonico di New York, ed avrebbe avuto un’importante influenza su molti progetti futuri. Ne volevo assolutamente far parte!”. È così che Gabriele introduce il progetto che sostituisce le ormai onnipresenti facciate in vetro con una serie di eleganti e distintive logge in cemento con effetto materico. “Negli ultimi 10 anni abbiamo visto così tanti edifici in vetro in tutto il mondo… Eppure, il vetro limita enormemente la creatività dei progettisti consentendo loro di giocare unicamente con le forme. Non presenta certamente lo stesso livello di dettaglio degli elementi distintivi di edifici quali il Lincoln Center o il Seagram Building.” Abituato a guardare avanti, Gabriele descrive 130 William Street come un punto di svolta nell’architettura contemporanea, un abbandono della facciata in vetro e un ritorno alla materia, al dettaglio e ai materiali naturali.
130 William Street richiama alla memoria anche un altro momento simbolo, sia per l’azienda che per la scena architettonica americana nel suo insieme.
“Negli anni ’50, quando tutti utilizzavano superfici in marmo levigato per i loro edifici, mio padre ha inventato una tecnica assolutamente nuova, lo “spaccatello”” spiega Gabriele, riallacciandosi alla storia di innovazione nell’architettura che ha sempre contraddistinto l’azienda. “Un sistema che impiega un cuneo per dividere piccoli blocchetti di pietra assecondando le loro fessurazioni naturali, cosicché le venature interne siano visibili”. In quel decennio Salvatori ha rivestito tantissime facciate in tutta Italia grazie a questa tecnica, ma l’azienda era destinata a qualcosa di più grande.
“Il Museum of Modern Art di Los Angeles” continua Gabriele descrivendo la commessa che prevedeva la copertura di un’area di 22.000 metri quadri con tozzetti di piccole dimensioni “Sarebbe stato impossibile incollare uno per uno tutti i tozzetti necessari per ricoprire la superficie”. Occorreva un’idea intelligente e rapida. La soluzione fu incollare sopra i tozzetti una tela di iuta utilizzando una colla leggera ed in seguito applicarli sull’edificio, rimuovendo poi i residui di colla. L’idea ha funzionato alla perfezione rafforzando la nostra reputazione di azienda innovativa capace di realizzare splendidi progetti in pietra naturale.
Cresciuto con questa tradizione, Gabriele ha sempre cercato di riconfermare lo spirito aziendale: “Vendere semplicemente lastre non è mai stato il mio interesse”, afferma mentre parla del suo desiderio di spingere ancora oltre la creatività aziendale. “Ho sempre avuto una grande passione per l’architettura e la progettazione. Nonostante 130 William Street sia venuto alla luce più di mezzo secolo dopo il Museum of Modern Art di Los Angeles, queste due opere rappresentano il fil rouge tra creatività e innovazione che definisce l’identità Salvatori.”