L'importanza della perfetta illuminazione
"Il tecnico non deve dimenticare di essere un po' artista, l'artista non sarà mai un tecnico" - Poul Henningnsen
Una sera Poul Henningsen, su un tram per Copenhagen, notò quanto fossero buie le abitazioni delle persone. “Mobili, tende, oggetti…” scriverà più tardi, “tutto nella casa sembra avere meno importanza rispetto alla qualità della luce”. Per il giovane architetto e designer danese, una buona illuminazione acquisisce una importanza sociale, e questo lo porta verso un decennale percorso di ricerca e sviluppo, il cui risultato nel 1925 è la sua PH – una lampada composta da una serie di paralumi concentrici in vetro o rame che attenuano l’illuminazione diretta. La lampada, grazie allo splendido design, progettualmente e tecnicamente avanzato per il tempo, diventa un’icona del design moderno: la precisa posizione delle ombre, il violento colore della luce bianca attenuato dall’interno rosso.
Nei decenni successivi, il design dell’illuminazione attraversa un periodo di forte crescita, ed anche grazie alle idee innovative di Henningsen, inizia un importante processo di specializzazione nell’architettura.
Richard Kelly, un pioniere in questo campo, lavora con Philip Johnson alla sua iconica Glass House nel 1949. Il sistema di illuminazione esterna fa sì che di notte la casa non sia soltanto una scatola in vetro preservandone ed esaltandone l’architettura. Realizza inoltre la “base luminosa” per il Mies van der Rohe’s Seagram Building, a New York, che sembra farlo galleggiare sospeso sul suolo. Mezzo secolo più tardi, David Chipperfield realizza la delicata ricostruzione del Museo Neues Museum di Berlino, distrutto da una bomba e per questo abbandonato, grazie alla delicata e discreta illuminazione progettata di Kardorff Ingenieure.
Questi progetti rendono evidente che, un’efficiente illuminazione, per usare le parole di Henningsen, è tanto una forma d’arte quanto una disciplina tecnica; richiede sensibilità e qualcosa di ineffabile e astratto, qualcosa che può soltanto essere percepito e sentito come un’esperienza che abbraccia architettura, interior design e ingegneria elettrica.
Le stesse qualità che hanno guidato l’architetto e designer spagnolo David Lopez Quincoces nella realizzazione della sua Silo: un semplice cilindro monolitico in traslucido Bianco Carrara o in Pietra d’Avola grazie ad un innovativo approccio alla lavorazione della pietra naturale. Sia come singola sospensione che come scenografico Chandelier, la luce che scaturisce dalle venature e dalle colorazioni uniche della pietra, risulta morbida e contemplativa. Simile anche l’approccio di Marco Carini, che, con la sua Farfalla, grazie al design snello e sottile della lampada, realizza una sottile lama di luce racchiusa in un singolo elemento di marmo sospeso, che sembra essere senza peso. Da sola o in combinazione ad altri corpi illuminanti diviene un elegante soluzione scultorea che come una farfalla si anima nell’aria.
Il potenziale evocativo della pietra trova la sua massima espressione nella lampada Urano di Elisa Ossino: una sfera di puro Bianco Carrara realizzata a partire da un unico cubo di marmo che viene lavorato per 5 giorni e rifinita a mano esaltando la maestria nel combinare pietra e luce.
Disponibile sia in versione da tavolo che da terra, la lampada si illumina dolcemente, irradiando la luce dall’interno verso l’esterno e donando all’ambiente una luce riposante e rilassante raggiungendo quello che Henningsen descriveva come, “il compito più difficile e nobile dell’illuminare… abbellire la casa e coloro che la vivono”.