Continuiamo a fare quello che abbiamo sempre fatto, ma in modo diverso.
Ho sempre sentito il valore della responsabilità sociale di un'azienda e oggi più che mai mi assumo quest’obbligo che reputo doveroso e necessario.
La crisi ci sta facendo riconsiderare molte cose. Sicuramente cambierà il nostro modo di interagire e anche di lavorare.
All’inizio, tutto è andato esattamente come in qualsiasi altro paese. Abbiamo sentito parlare di ciò che stava accadendo in Cina ma ci sentivamo molto lontani, pensavamo tutti che non sarebbe arrivato fino a noi. Poi ci siamo resi conto che non era così. Viviamo in un mondo interconnesso e all’inizio di febbraio abbiamo iniziato a sentire notizie sui primi casi in Italia.
Siamo intervenuti subito. Prima ancora delle restrizioni del governo, abbiamo assicurato delle misure di sicurezza per la tutela dei nostri collaboratori, come ad esempio chiedere agli autisti addetti alle consegne nel nostro stabilimento di non uscire dalla cabina dei camion. Ancor prima che il governo britannico imponesse il blocco, abbiamo chiuso il nostro showroom di Londra, così come avevamo fatto con quello di Milano. Abbiamo rapidamente messo su un sistema interno di informazione sullo sviluppo e diffusione del virus, accessibile da tutto il personale, selezionando tutte le notizie trasmesse, per fornire ai nostri dipendenti un canale con informazioni il più possibile chiare e consigli che li aiutassero a prevenire il contagio o semplicemente informarli in merito agli aiuti finanziari offerti dal governo, come la sospensione dei mutui e delle bollette.
È un momento molto incerto, siamo tutti preoccupati e ho voluto personalmente assicurarmi che i nostri dipendenti non dovessero avere anche il timore di perdere il lavoro. Ho inviato un messaggio video a ognuno di loro per rassicurarli che la loro posizione lavorativa non era assolutamente a rischio e che avrebbero continuato a percepire lo stipendio.
Risolte le preoccupazioni legate all’azienda, abbiamo cercato di dare un contributo alla comunità in cui viviamo.
Quando siamo venuti a sapere che all’ospedale mancavano gli strumenti necessari per operare, sfruttando la nostra rete, abbiamo trovato un’azienda in Israele che produce mascherine e insieme a un gruppo di imprenditori della zona ne abbiamo ordinate 500.000. Ne abbiamo tenute alcune centinaia e abbiamo donato il resto alla comunità locale continuando a rimanere in contatto sia con l’ospedale che con l’azienda che produce respiratori in Italia, per poter fornire tutta l’assistenza possibile da parte nostra. Ho sempre sentito il valore della responsabilità sociale di un’azienda e oggi più che mai mi assumo quest’obbligo che reputo doveroso e necessario. Vogliamo solo fare la nostra parte. In questo momento è il compito più importante che ci possiamo assumere come azienda.
Quando è successo tutto questo eravamo in piena fase di preparazione per il Salone del Mobile; in realtà oggi mi chiedo se abbia ancora valore investire per presentare il nostro lavoro all’interno di una manifestazione oppure sia più giusto mettere tutti noi stessi in quello che conta davvero, che alla fine, è la creazione di prodotti belli e ricchi di significato. In questo momento lavoriamo tutti da casa utilizzando software per videoconferenze, e-mail e telefonate: ho scoperto che la qualità delle nostre conversazioni è migliorata rispetto a prima, soprattutto nelle nostre telefonate quotidiane in cui condividiamo le nostre opinioni e ci scambiamo consigli.
Siamo tutti meno distratti, più concentrati.
Al momento non ha molto senso pensare all’impatto che tutto questo avrà a livello finanziario. Non c’è molto che possiamo fare; noi ci possiamo ritenere fortunati perché in realtà gli ordini non si siano ancora fermati, anche se dovremo far fronte a una regressione anche per il fatto che attualmente il governo italiano ha chiuso tutte le produzioni non essenziali. Il fatto di essere ben preparati come azienda ci consente di dedicare questo momento a pensare alle nostre famiglie e a quelle aziende che non sono in grado di sostenere i propri lavoratori nell’attesa che il governo intervenga per aiutare chi è in difficoltà. Dobbiamo essere tutti uniti.
Magari potremmo partecipare al Salone virtualmente. Tutti all’interno dell’azienda hanno lavorato sodo per prepararlo, dagli operai della produzione, ai team negli uffici, fino ai designer con i quali abbiamo sviluppato le nuove collezioni. La condivisione virtuale sarebbe un modo per esprimere il nostro apprezzamento per ciò che hanno fatto e per dimostrare che non ci fermiamo.
Continuiamo a fare quello che abbiamo sempre fatto, ma in modo diverso.
– Gabriele Salvatori, CEO