L'Anima dietro il marmo: intervista a Gabriele Salvatori
Anima vede il duo Yabu Pushelberg introdurre una forma decisamente amorfa e organica nella gamma di bagni di Salvatori, con un approccio in cui si applica "la sensibilità dell'argilla al marmo".
La nuova collezione Salvatori firmata da Yabu Pushelberg (e molto di più) raccontata da CEO del brand
Più di settant’anni di esperienza nella lavorazione del marmo e un desiderio incessante di innovazione hanno fatto di un’azienda a conduzione familiare nata nel cuore della Versilia un brand internazionale, oltre che uno dei massimi rappresentanti nella produzione di design in pietra naturale. Parliamo di Salvatori e della storia di un marchio orgogliosamente italiano che ha conquistato i mercati globali e che ieri come oggi fa della propria passione per i materiali naturali, il marmo prima di tutto, il centro di una vasta produzione di rivestimenti, arredi e complementi. Abbiamo incontrato Gabriele Salvatori, CEO del brand, in occasione della presentazione della collezione bagno Anima, che segna la collaborazione con i designer Glenn Pushelberg e George Yabu, per farci raccontare questa storia circoscritta dai poli della manifattura sapiente e della ricerca tecnologica, del made in Italy e delle grandi firme del design internazionale.
La collezione “spoglia” la pietra fino a metterne in luce l’essenza, sottolineandone le intrinseche qualità sensuali e spirituali. Le morbide curve di ogni pezzo infondono un sentimento di serenità creando un mondo in cui il bagno diventa rifugio per il benessere di mente e corpo, lontano dai flussi vorticosi del mondo esterno. Disponibile in quattro diverse pietre – Bianco Carrara, Crema d’Orcia, Pietra d’Avola e Gris du Marais – la collezione esprime un legame formale con la pietra in quanto materiale naturale, sottolineando la capacità spirituale e sensoriale della materia espressa dall’unicità dei colori e delle venature.
Choose organic shapes
I materiali naturali, la pietra in primis, sono al centro delle vostre collezioni in un’ottica lontana da quella tradizionale che li vuole associati a un’estetica rustica. Cosa significa per voi lavorare con questi elementi?
Per noi è un’opportunità imperdibile, perché significa la possibilità di trasformare ciò che è già in natura, per farne qualcosa di completamente nuovo, sapendolo lavorare. Quello che, personalmente, ho fatto, e che aveva già fatto mio padre negli anni ’80, è stato ripensare quest’attività con un approccio diverso dal solito, con uno sguardo laterale, più nuovo. Abbiamo puntato sulla modernità ma sempre preservando la bellezza naturale del materiale, attraverso la creazione di texture nuove, di trame quasi tessili, cercando di innovare le finiture superficiali senza limitarci a quelle che tradizionali, che erano poche e le stesse da sempre: quella lucida, il bocciardato e così via. Questa esplorazione di nuove modalità di lavorazione del marmo ci ha poi portato a integrarlo con altri materiali: legno, ferro e tessuto.
Think outside the grey-and-white box
Michael Anastassiades, Kengo Kuma, Piero Lissoni, John Pawson oltre a Glenn Pushelberg e George Yabu per la collezione Anima appena presentata. Nella storia e nel presente di Salvatori ci sono collaborazioni con grandi nomi del design, firme che hanno dato un apporto personale pur nel solco di una cifra stilistica identitaria del vostro brand. Da cosa nasce la scelta di un designer e come si sviluppa la collaborazione con questi grandi autori?
Come punto di partenza c’è una ricerca di sensibilità che sono vicine alla nostra cifra stilistica, che sento affini al nostro canone, il secondo aspetto è la chimica, perché non siamo alla ricerca del nome più famoso, rimanendo in attesa di ricevere un suo disegno. Al contrario, vogliamo che si inneschi un dialogo, una sinergia lunga e attiva da entrambe le parti. È così che nasce il buon design, le opere di Le Corbusier o dei Castiglioni, per esempio, prendevano forma dal lungo tempo che questi designer trascorrevano con l’azienda e con gli artigiani. In generale preferisco lavorare con persone che non si sono mai occupate della pietra, che riescono a mettere insieme una visione originale perché è il loro primo approccio alla materia. Un altro aspetto importante è la condivisione dei valori etici che caratterizzano la nostra azienda: sincerità, trasparenza, sostenibilità verso l’ambiente ma anche rispetto verso le persone con cui si lavora.
Take inspiration from stone textures
Innovazione tecnologica e forte impronta artigianale. Nei vostri prodotti si rilevano in maniera decisa entrambi gli aspetti, come si coniugano?
Alla base di tutto c’è la curiosità, la voglia di scoprire e di sperimentare, anche mettendo insieme cose molto lontane fra loro, d’altro canto le scoperte più interessanti nascono dalla tensione fra elementi diversi messi in relazione. Il punto di partenza è che non possiamo andare contro natura, al contrario dobbiamo adeguarci a essa ma allo stesso tempo vogliamo superare i nostri limiti ed esplorare anche territori che non ci appartengono. In azienda abbiamo un reparto di Ricerca e Sviluppo che sperimenta nuove soluzioni, con un team di ingegneri che ci aiutano a capire in che modo alcune molecole possono riaggregarsi insieme oppure come possiamo utilizzare superfici sempre più sottili, che consumano meno materia e sono più facili da trasportare. Stiamo anche cercando di capire se sia possibile tritare insieme i materiali per formarne di nuovi a partire dagli scarti di produzione. La spinta all’innovazione tocca anche i nostri strumenti: la maggior parte delle macchine che abbiamo sono state progettate da noi sulla base del modo in cui reagisce il materiale. Inoltre da qualche anno siamo promotori di diversi progetti di ricerca sulla petrografia, condotti dalla Scuola Normale dell’Università di Pisa, fra i quali una, realizzata insieme al Museo Archeologico Italiano, sulla provenienza di alcuni marmi di monumenti antichi.
Small touches can make a big impact
Come vi ponete di fronte alle sfide ambientali e al tema, oggi ineludibile, della sostenibilità?
È un elemento centrale del nostro lavoro. Per esempio quando iniziamo a collaborare con un designer, gli diamo un brief in cui sono spiegati i principi cardine della nostra produzione. Fra questi dichiariamo subito che non facciamo uso di plastiche né di materiali derivati dal petrolio. Si tratta di un’attenzione all’ambiente che abbiamo sempre avuto, che già nel 1975 ci portava a essere la prima azienda in Italia a non gettare l’acqua di lavorazione nei fiumi ma a smaltirla in maniera corretta. Per noi è stato ed è ancora adesso importante capire anche come possiamo fare un uso attento degli scarti, da questa riflessione è nato più di dieci anni fa Lithoverde, un rivestimento in pietra riciclata, creato a partire da ritagli di marmo ricompattati con un processo del vuoto e poi tagliati in lastre. Lo abbiamo fatto anche nel progetto Lost Stones insieme a Piero Lissoni, dove abbiamo recuperato frammenti di marmo rimasti nei magazzini per farne dei tavolini da bistrot, usando l’oro per mettere insieme i vari pezzi, così come si fa nel kintsugi, l’arte giapponese di riparare le ceramiche rotte. Oggi tutta la nostra filiera è investita da questo impegno alla produzione responsabile, tanto che abbiamo eliminato anche il polistirolo per il packaging.
Da oltre 70 anni Salvatori è un punto di riferimento per la lavorazione della pietra naturale grazie alla collaborazione con diversi artisti e designer internazionali, basando i rapporti sul confronto e sulla condivisione dei propri valori.
Il duo di designer Glenn Pushelberg e George Yabu ha dato vita ad Anima: una collezione che spoglia la pietra della sua durezza e mette in risalto i suoi aspetti più intrinsechi e le sue qualità sensuali e spirituali, attraverso la creazione di oggetti dalle forme morbide e curve sinuose.
Il risultato è in linea con la visione di Salvatori, che lavora la pietra sperimentando e trasformando elementi già esistenti in natura in qualcosa di nuovo, sempre spinto da un desiderio di innovazione e modernità.